Arie
di Libero Venturi - domenica 28 febbraio 2021 ore 07:30
Devo fare un po’ di vento, diceva il nonno sofferente di colite e, come sospinto da un vento interiore, si avviava rumoreggiando al gabinetto.
Ricordo un’estate in campeggio libero a Quercianella. Bei tempi! Generalmente nel primo pomeriggio, il contadino, che lavorava alle terre dove eravamo accampati, passava davanti alla nostra tenda con un foglio di giornale in mano -a riprova della versatilità della stampa- e, con una fretta giustificata da turbolenze intestinali, si recava in un certo boschetto, riservato alle funzioni corporali. La natura chiama.
Ha fatto aria? Ti chiedono dottori e infermieri dopo un’operazione all’ospedale e, finché l’atteso evento non si è verificato, non ti danno di nuovo da mangiare. Stiamo parlando quindi di una cosa naturale ed importante, ma che, nel turbinio stressante della vita moderna, sta diventando una patologia. Lo attestano le pubblicità dei vari rimedi contro aerofagie, gonfiori e flatulenze che passano in televisione, alle ore dei pasti, per il nostro diletto e sollievo.
Avrete notato e apprezzato come la ricchezza e l’articolazione della lingua italiana abbia consentito di evitare, nelle sue varie coniugazioni, il verbo “scurreggiare”, locuzione toscana di etimo incerto, alquanto sgradevole e di basso registro, derivata dal sostantivo “scurreggia”, contemplato nel “Borzacchini Universale” -dizionario ragionato di lingua volgare, anzi volgarissima, d’uso del popolo alla fine del secondo millennio- alla cui consultazione rimando. Comunque sia, tocca convenire che, in buona sostanza, questo siamo: tante arie che ci diamo e un po’ d’aria che emettiamo, con rispetto parlando.
Invece l’aria più bella che si sia mai sentita è quella sulla quarta corda di Johann Sebastian Bach. Per la verità Bach, nella prima metà del XVIII secolo, aveva composto la “Suite orchestrale n.3 in Re maggiore, BWV 1068”. Ma, alla fine del XIX secolo, l’aria del secondo movimento di quella Suite fu arrangiata dal violinista tedesco August Wilhelmj che spostò le tonalità originali della sinfonia verso il basso, dal Re maggiore al Do maggiore, per dare più risalto al violino solista, sul rigo della cui partitura annotò: “sulla corda Sol”. Le corde del violino sono accordate sulle seguenti note: la prima corda è un Mi, la seconda un La, la terza un Re e la quarta un Sol. Perciò l’aria si chiamò “sulla quarta corda”. E l’arrangiamento, con interpretazione più romantica rispetto all’originale barocco, riscosse così tanta popolarità che l’aria, indipendentemente dalle varie esecuzioni -fosse pure per sax e piano e ce ne sono di bellissime- da allora fu chiamata così: “Aria sulla quarta corda”. Un’aria che si è data delle arie. Per quando siamo giù di corda.
Forse anche l’umanità si dà delle arie. “Essere umani vuol dire sentire vagamente che c'è, in ognuno, qualcosa di tutti e, in tutti, qualcosa di ognuno”, così almeno recita un aforisma di Paul Valery. Ma è sempre vero? A giudicare dalla dedizione di tanti volontari impegnati in azioni di solidarietà e dal sacrificio durante la pandemia di tanti operatori dobbiamo dire sì. Invece molti dubbi vengono leggendo l’articolo comparso su Repubblica, sabato 20 febbraio: “Parla il broker di antivirus: il mercato funziona così”. Un broker ha offerto ad un prezzo maggiorato un milione di dosi di vaccino di AstraZeneca, opzionate dalla sua azienda farmaceutica, alla Regione Emilia, che ha rifiutato l’offerta. Intendiamoci: si tratta di un intermediario che svolge la sua professione di promotore e rappresentante di medicinali. Semmai sono da stigmatizzare l’incapacità produttiva e la cinica politica commerciale di AstraZeneca, che parallelamente annuncia un’ulteriore riduzione delle consegne ufficiali di vaccino programmate per l’Italia. Il problema è se è giusto che, nella persistenza della pandemia virale, un farmaco salvavita possa essere considerato alla stregua di un qualsiasi altro prodotto e sia lasciato alla mercé -è il caso di dirlo- delle normali regole del mercato. Che tra l’altro, già ora, proprio normali non sono: prova ne sia che le aziende del farmaco non possono vendere i vaccini ai privati. Ma allora, insisto, cosa aspettano gli Stati e le organizzazioni internazionali della sanità a chiudere del tutto il cerchio e farsi consegnare i brevetti per avviare una produzione di massa -allargando oltretutto il mercato- con l’obiettivo di vaccinare gratuitamente la popolazione, prima che le varianti del virus diffondano ulteriormente il contagio? Sapendo oltretutto che, non senza nefaste conseguenze sociali, potremmo affrontare nuovi lockdown che si rendessero necessari.
C’è il rischio che si diffondano due scenari: la vendita parallela di stock pre opzionati di vaccino e il mercato nero per i ricchi. Allora, in una gravissima emergenza come questa, continuo a chiedermi se nelle economie di mercato non debba essere lo Stato a regolare in senso etico la produzione e la distribuzione dei vaccini, a garanzia della nostra sopravvivenza. Mi chiedo anche se le regole che il contagio impone, valgano solo per le persone, per molte attività economiche, sociali e culturali, ma non per il mercato del farmaco che, anzi, lucra su questa situazione. E mi domando se la soluzione sia il vaccino statale prodotto dalle economie di Stato come in Cina o in Russia. Insomma, lasceremo che moltitudini di anziani e di poveri muoiano per il lucro e il profitto di pochi? O ci assoggetteremo a modelli e regimi non democratici? Ci sarà un modo di cambiare il capitalismo, di farlo evolvere, di umanizzarlo? Una riposta a queste domande è dovuta.
E allora forse, quanto ad umanità, ci stiamo dando davvero delle arie. Presumiamo di essere una specie sociale e solidale e invece ci scopriamo ancora inadeguati, ingiusti, ineguali. L’uomo si è elevato dal mondo animale perché, da Cartesio a Scalfari, pensa se stesso. O almeno dovrebbe. Pensa di essere il migliore, invece a volte si comporta come il peggiore. Il leone non sa di essere prepotente quando sopraffà un avversario più debole: lo fa per istinto di natura, per assicurarsi l’accoppiamento e la vita. “Mostra i denti il pescecane e si vede che li ha, Mackie Messer ha un coltello, ma vedere non lo fa”. L’uomo è il più evoluto degli animali, quello che ha acquisito pensiero e coscienza di sé, anima se volete. Si giudica e sa quando fa male, perché la specie umana all’istinto naturale ha affiancato, cultura, religione, filosofia, senso o non senso dell’esistenza.
E però bisogna amaramente ammettere che l’uomo penserà anche se stesso, ma non capisce una sega. Scusate la volgarità che uso al solo scopo di sviluppare il concetto per ottenerne l’esatta comprensione, una volta appurato quanto, essa comprensione, sia difficile e controversa. Occorrerà alla fine ricorrere ancora a Valery, quello che ha scritto “il guaio del nostro tempo è che il futuro non è più quello di una volta”, che se era vero nel primo novecento, quando lo scrisse, figuriamoci oggi, dice mio fratello, l’ottimista di famiglia. Ma io voglio citare un altro aforisma di Paul Valery, esplicativo e valido, almeno per i credenti: “Dio ha creato tutto dal nulla, ma il nulla traspare”. Pure se credente non sono, credo renda bene l’idea. Anche perché con quel mio fratello sono il secondo ottimista di famiglia. Tutti e due per la Fiorentina e c’è poco da sperare. Neanche darsi delle arie. Buona domenica e buona fortuna.
Libero Venturi
Pontedera, 28 febbraio 2021
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“Aria sulla quarta corda”, di Johann Sebastian Bach. Esecuzione per Arpa, organo, violino e violoncello e versione orchestrale.
“La ballata di Mackie Messer” di Bertolt Brecht e Kurt Weill, da “L’opera da tre soldi” di Bertolt Brecht. Interpretazioni di Milly, Louis Armstrong e Sting.
Libero Venturi