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PENSIERI DELLA DOMENICA — il Blog di Libero Venturi

Libero Venturi

Libero Venturi è un pensionato del pubblico impiego, con trascorsi istituzionali, che non ha trovato niente di meglio che mettersi a scrivere anche lui, infoltendo la fitta schiera degli scrittori -o sedicenti tali- a scapito di quella, sparuta, dei lettori. Toscano, valderopiteco e pontederese, cerca in qualche modo, anche se inutilmente, di ingannare il cazzo di tempo che sembra non passare mai, ma alla fine manca, nonché la vita, gli altri e, in fondo, anche se stesso.

​Capitan Fracassa

di Libero Venturi - domenica 25 agosto 2019 ore 07:30

Al rientro delle ferie, che merita anticipare, il governo è caduto. Ma siamo proprio “sicuri”? Non mi pare ancora vero! Capace tornerà, tornano sempre gli incubi peggiori. Comunque per adesso ci siamo liberati soprattutto di Salvini, Di Maio non essendo granché pervenuto. 

I giallo verdi si erano messi insieme a giugno scorso e quest’anno, in agosto, si sono sciolti. Un po’ come gli amori estivi, balneari, che durano poco, nonostante tutte le assicurazioni e i propositi. In questo caso addirittura “un contratto”. Conte, il primo ministro, l’avvocato degli italiani -nientemeno- ha avuto un sussulto di orgoglio e ha decretato la fine della sua esperienza governativa salendo al Colle a tarda sera, da Mattarella, a presentare le dimissioni. Dimissioni accettate. Ora, in questo grave momento, tutti confidiamo nella saggezza del Presidente dai bianchi capelli e nessuno vorrebbe essere nei suoi panni.

Salvini -evidentemente i successi elettorali inebriano i Mattei- fino all’ultimo ha fatto il Capitan Fracassa. Seduto alla destra di Conte al Senato, si è profuso in gesti di disapprovazione, esibendo un repertorio della peggior mimica facciale e gestuale. Ha perfino baciato il rosario che penso tutte le sere reciterà con le pie donne del Papeete Beach. Dopo la danza sul cubo dell’inno di Mameli, s’intende: la nazione e gli italiani prima di tutto. Dall’altro lato di Conte, sullo scranno opposto e non diremmo a sinistra, Di Maio sembrava a tratti ridere sotto i baffi che non ha, imperterrito ed impunito. Ma il Capitano, incravattato e senza le sue felpe, si vedeva che aveva perso lucidità, che accusava: la crisi gli stava sfuggendo di mano. Alla fine avrebbe voluto recuperare, ha anche tentato di farlo, ritirando in extremis la sfiducia a Conte. Però ormai era troppo tardi, come un amante tradito, il primo ministro si è fatto forza e ha detto: basta, finisce qui. E gliene aveva cantate tante al “caro Matteo” con affilata e avvocatizia cortesia: le accuse più gravi per un uomo delle istituzioni sono state quelle di aver anteposto al suo ruolo pubblico, interessi privati elettorali e, in ultimo, invocato addirittura i pieni poteri, minacciando il coinvolgimento diretto del popolo. Che, detto da un capo di governo populista, è tutto dire. Peccato che, come hanno fatto notare in diversi e specialmente Emma Bonino, questo deciso ripensamento è apparso come una presa di coscienza decisamente tardiva.

Conte sembrava appena sceso dalla Luna nel 45º della sua conquista. Dov’era quando Salvini varava la politica dei porti chiusi, dichiarava guerra all’Europa, decretava sulla sicurezza, sulla legittima difesa, virando all’estrema destra? E i Cinque Stelle, sedicenti depositari del potere del popolo, anche di quello di sinistra, dov’erano? Forse troppo intenti al blocco della Tav e degli altri cantieri. Forse con i Gilets Jaunes francesi, attrazione fatale verso il giallo. Di fatto questo governo del cambiamento e del popolo -“non dei partiti”- non ha cambiato un cavolo nulla, se non per lasciarci un Paese più impoverito e screditato a livello internazionale. A livello europeo di sicuro. Sul piano internazionale Trump non si sa cos’ha in testa, a parte uno strano e sospetto riporto ossigenato. Per non parlare di Putin e del “tovarish” filonazista Savoini. Buono il discorso di Renzi, lo dico da non renziano, magari si capisse anche più di preciso cosa si propone in futuro... E ora, appunto, che fare?

Frattanto la Stampa, oltre le voragini disastrose apertesi tra le forze di governo, tende ad evidenziare le crepe nel PD. Come se questo fosse il vero problema. E comunque: ritorno alle urne, che contrariamente a ciò che pensano Salvini, e la Sorella d’Italia, Meloni, non è immediato né scontato in un Paese con regole democratiche? Oppure governo “tecnico”, elettorale o più lungo, per arrivare alla finanziaria e scongiurare l’esercizio provvisorio, nonché il temuto e nefasto aumento dell’Iva, ennesima pesante tegola lasciataci in eredità? Quanto al referendum per la riduzione dei Senatori sarebbe da ricordare che proprio un precedente referendum ha impedito ciò che sarebbe stato assai più utile e decisivo: l’abolizione del Senato e del bicameralismo perfetto, spreco di tempo, di energie e di soldi. Basterebbe una sola Camera, dopo tanti anni dal fascismo che, nonostante gli irriducibili neofascisti, sovranisti e razzisti, italiani ed europei, non tornerà. Perché non ripensare a questa riforma istituzionale, allora? Ma tant’è.

O forse, a risolvere la crisi di agosto, ci sono spazio, forza e idee per un governo giallo rosso: Pentastellati e Pd? Personalmente e per quel poco che può valere, dopo il governo giallo verde e i suoi malestri, questi repentini accostamenti cromatici col giallo mi attraggono il giusto. Escludendo un Conte bis -abbiamo già dato, ha ragione Zingaretti- non mi dispiace nemmeno ciò che vanno dicendo Calenda e Gad Lerner: si facciano esprimere di nuovo gli italiani e, semmai, se si vuole varare la finanziaria, si formi un governo di transizione a tempo determinato con eventuali appoggi esterni. La sinistra italiana non può essere sempre quella che rimedia i disastri economici e finanziari della destra. Dovremmo essere ben altro: quelli che rappresentano le istanze sociali e di progresso. Proseguire la dieta di ministri e di poltrone sembra far bene in questa fase ad una sinistra incerta e minoritaria per crescere, oltre il 20%. Bisogna pensare ai bisogni e alle aspettative dei cittadini, dei lavoratori, dei giovani e rappresentarli di più e meglio per dirsi Paese. In democrazia è così.

Vediamo cosa vale Salvini con la sua destra radicale ed estrema: il 30%? Ne prenderemmo atto, non è mica la maggioranza. E i Grillini? E il centro destra moderato? Ci sarà una governabilità? Intanto i contatti con gli esponenti del Movimento 5 Stelle, se placassero la loro voglia antipolitica e populista di estirpare tutti i gruppi dirigenti, Dem compresi, se equilibrassero il furore giustizialista e smettessero di andare contro i treni veloci, potrebbero produrre comuni ed utili riflessioni ed aperture. E perché no? In politica aprire laboratori e spazi di confronto è sempre positivo. Specie con questo balordo sistema elettorale un po’ maggioritario, ma proporzionale. Specie per impedire la deriva all’estrema destra del Paese imposta da Salvini. Però occorre un tempo che non c’è: forse meglio dopo il voto, evitando le fusioni a freddo. Se invece fossero intese rispettose e durature, mai dire mai. Ma, chissà: il populismo di destra è forte tra i Cinque Stelle, oltretutto in caduta elettorale. Votare ogni tre due non è sinonimo di buona salute per una democrazia matura, anzi! Tantomeno lo è portare il Paese all’avventura, come dilettanti allo sbaraglio, com’è stato finora. Vedremo. Buona domenica e buona fortuna.

Pontedera, 25 Agosto 2019

Libero Venturi

Articoli dal Blog “Pensieri della domenica” di Libero Venturi